giovedì 27 novembre 2014

PERCHÈ CHIEDIAMO IL RICONOSCIMENTO CULTURALE, SOCIALE E NORMATIVO DELLA VIOLENZA OSTETRICA.


Freedom for Birth Rome Action Group chiede il riconoscimento culturale, sociale e normativo della VIOLENZA OSTETRICA.

Come ormai sanno coloro che ci seguono e ci sostengono nella rivendicazione dell'autodeterminazione e della libertà di scelta della donna sulla propria salute riproduttiva e, in particolare, nel percorso nascita, il nostro impegno è finalizzato, tra l'altro, al riconoscimento della violenza ostetrica, sia da un punto di vista socio-culturale che normativo, come primo passo per la sua delegittimazione e per la sua eliminazione.

In vista di questo obiettivo, siamo attive sia con iniziative finalizzate alla diffusione di informazioni ed al sostegno di processi di empowerment nelle donne, con momenti di confronto, con iniziative di sensibilizzazione,
  
sia alimentando un dibattito ed una riflessione, del tutto nuova nel panorama italiano, incentrata sulle cause e sulle motivazioni all'origine della violenza nel parto, che resta a tutt'oggi un vero tabù. Il nostro impegno si snoda anche sul piano pratico, attraverso sportelli di assistenza ostetrica, psicologica e legale.

Riteniamo imprescindibile, quando si parla di violenza contro le donne, parlare di violenza ostetrica.
Così, anche nella settimana in cui ricorre la giornata mondiale contro la violenza sulle donne, vogliamo ribadire le nostre rivendicazioni, nella convinzione e consapevolezza che ci si deve mobilitare non solo un giorno all'anno o sotto la luce dei riflettori, come crediamo di dimostrare attraverso il nostro impegno costante.
Noi chiediamo che lo Stato e le Regioni riconoscano  la violenza ostetrica quale grave violazione dei diritti umani delle donne in materia di salute riproduttiva e che si impegnino, su tutti i fronti ed in primis con la prevenzione, a contrastarla.
Crediamo, infatti, sia fondamentale una codificazione normativa di questo silenzioso fenomeno, non tanto per la necessità che venga individuata una specifica ipotesi di reato, atteso che nel nostro ordinamento esistono già norme penali da invocare per punire gli abusi sul corpo della donna, quanto, piuttosto, perché ci sembra doveroso, in una società civile, che venga a chiare lettere definita e deplorata questa, così come ogni altra, forma di maltrattamento e di mancanza di rispetto nei confronti della donna.

Chiediamo, anche, che le strutture sanitarie e gli operatori sanitari coinvolti nei percorsi nascita e della salute della donna rivisitino i protocolli, i primi, e le proprie coscienze, i secondi, uniformando gli uni e le altre al più profondo ed integrale rispetto dei diritti e delle scelte delle donne e adeguandoli alle evidenze mediche ed alle dichiarazioni e raccomandazioni degli organismi internazionali sulla salute.

Ci sembra a questo punto importante offrire una pur rapida analisi comparata sul tema della violenza ostetrica, ricordando le leggi dei Paesi che, unici finora, l'hanno codificata: Venezuela, Argentina, Messico.
In Venezuela, nel 2007, l’Assemblea Nazionale ha approvato all’unanimità, e con il grande appoggio di donne delle organizzazioni politiche, accademiche e professionali, una legge quadro sul diritto delle donne a vivere una vita libera dalla violenza. Alla seduta hanno partecipato più di 4000 donne di tutti i settori sociali e politici. La Legge del 16 marzo 2007 "Léy organicasobre el derecho de las mujeres a una vida libre de violencia", identifica 19 forme di violenza contro le donne: psicologica, fisica, domestica, sessuale, lavorativa, patrimoniale ed economica, ostetrica, istituzionale, simbolica; inoltre la sterilizzazione forzata, il traffico e la tratta, le molestie, lo stupro, la prostituzione forzata, la schiavitù sessuale.
In particolare, al punto 13 dell'articolo 15, così si definisce la violenza ostetrica "Se entiende por violencia obstétrica la apropiación del cuerpo y procesos reproductivos de las mujeres por personal de salud, que se expresa en un trato  deshumanizador, en un abuso de medicalización y patologización de los procesos naturales, trayendo consigo pérdida de autonomía y capacidad de decidir libremente sobre sus cuerpos y sexualidad, impactando negativamente en la calidad de vida de las mujeres" (Si intende per violenza ostetrica l'appropriazione del corpo e dei processi riproduttivi delle donne da parte del personale medico, che si traduce in un trattamento disumano, in un eccesso di medicalizzazione e patologizzazione dei processi naturali, comportando la perdita di autonomia e di capacità di decidere liberamente sul proprio corpo e sulla propria sessualità, impattando negativamente sulla  qualità di vita delle donne).

Nello stesso provvedimento, all'articolo 51, sono esemplificati atti e comportamenti che integrano una violenza ostetrica: l’attenzione intempestiva e inefficace nelle emergenze ostetriche; forzare la donna a partorire in posizione supina, con le gambe sollevate, quando i mezzi necessari per svolgere un parto verticale sono disponibili; impedire il contatto/attacco iniziale del bambino con sua madre senza una causa medica impedendo così l’attaccamento precoce e allattamento al seno immediatamente dopo la nascita; modificare il naturale processo di nascita a basso rischio, utilizzando tecniche di accelerazione, senza ottenere prima il consenso volontario, esplicito e informato della donna; l'esecuzione di taglio cesareo quando il parto naturale è possibile, senza ottenere il consenso volontario, esplicito e informato da parte della donna.
La violenza ostetrica si esplica quindi attraverso la messa in atto, da parte del personale sanitario, di un’assistenza inefficace e di interventi medici non necessari e non acconsentiti dalla donna stessa, durante il travaglio e il parto.
Queste condotte sono considerate un reato, multato con una sanzione pecuniaria e con l’avvio di un procedimento disciplinare a carico del sanitario che le agisce.

La legge venezuelana, quindi, non solo riconosce la violenza ostetrica, la definisce e la rende visibile, la condanna e ne delegittima il ricorso ma, soprattutto, mette la donna al centro del percorso nascita e ne legittima il ruolo di protagonista. Mette al centro la persona e la sua soggettività, il diritto di ogni donna di ricevere un’assistenza rispettosa che non violi la sua dignità, la sua integrità e la sua scelta volontaria, libera, informata sul proprio corpo; la donna è ritenuta quindi assolutamente capace di intendere e volere - e, purtroppo, non è un dato scontato - e di esercitare il diritto di scelta anche in sala parto.
In Argentina, similmente al Venezuela, la Legge 26.485 del 1° aprile 2009 "Ley de protección integral para prevenir, sancionar y erradicar la violencia contralas mujeres en los ámbitos en que desarrollen sus relacion interpersonales" (Legge di protezione integrale per prevenire, sanzionare ed eliminare la violenza contro le donne negli ambiti in cui si svolgono le sue relazioni interpersonali), all'articolo 6, si definiscono sei forme di violenza: violenza domestica, violenza istituzionale, violenza in ambito lavorativo, violenza contro la libertà riproduttiva, violenza mediatica e violenza ostetrica.
In particolare, la violenza ostetrica è così delineata "e) Violencia obstétrica: aquella que ejerce el personal de salud sobre el cuerpo y los procesos reproductivos de las mujeres, expresada en un trato deshumanizado, un abuso de medicalización y patologización de los procesos naturales, de conformidad con la Ley 25.929" (Violenza ostetrica: quella esercitata dal personale sanitario sul corpo e sui processi riproduttivi delle donne, che si traduce in un trattamento disumano, un eccesso di medicalizzazione e patologizzazione dei processi naturali, in conformità con la Legge 25.929).
A sua volta, la Legge n. 25.929 sui "Derechos de Padres e Hijos durante el Proceso de Nacimiento. Declaración de Interés delSistema Nacional de Información Mujer, por parte del Senado de la Nación. Declaración sobre difusión del Parto Humanizado" (Diritti dei genitori e dei figli durante il percorso nascita), indirizzata tanto al sistema sanitario pubblico che a quello privato, riconosce alla donna, durante tutto il percorso nascita (gravidanza, travaglio di parto, parto e post-partum), il diritto ad essere informata su ogni intervento medico che possa aver luogo durante tutto il percorso nascita, in modo che possa scegliere liberamente tra le diverse alternative; il diritto ad esser trattata con rispetto, in modo personalizzato, che garantisca l'intimità durante tutto il processo assistenziale e tenga in considerazione la sua cultura; il diritto ad esser considerata come persona sana, in modo che se ne faciliti la sua partecipazione come protagonista del suo proprio parto; il diritto ad un parto naturale, rispettoso dei tempi biologici e psicologici, senza pratiche invasive e somministrazione di farmaci non giustificata dallo stato di salute della donna partoriente o del nascituro; il diritto ad essere informata su ogni evoluzione del suo parto, dello stato di suo figlio o sua figlia, e in generale, ad essere resa partecipe delle varie azioni dei professionisti; il diritto a non essere sottoposta a nessun esame  o intervento esplorativo, salvo consenso scritto; ad avere accanto a sé un persona di sua fiducia durante il travaglio, il parto e il postpartum; a tenere accanto a sé sua figlia o suo figlio durante la permanenza in ospedale, salvo che il nascituro non richieda cure speciali; ad essere informata, dall'inizio della gravidanza, sui benefici dell'allattamento materno ed a ricevere sostegno per iniziare ad allattare, a ricevere consigli e informazioni per la cura di se stessa e di sua figlia o suo figlio, ad essere informata specificamente sugli effetti collaterali del tabacco, dell'alcol e delle droghe sulla bambina o sul bambino e su se stessa.
In Messico, infine, il 30 aprile 2014, il Senato ha apportato modifiche ed integrazioni alle proprie leggi nazionali sulla violenza contro le donne, introducendo l'ipotesi della violenza ostetrica.
In particolare, l'articolo 6 della Ley General de Acceso a una Vida Libre de Violencia, la violenza ostetrica è definita come "toda acción u omisión por parte del personal médico y de salud que dañe, lastime, denigre o cause la muerte a la mujer durante el embarazo, parto y puerperio" (ogni azione o omissione da parte del personale medico e sanitario che danneggia, ferisca, denigri o causi la morte della donna, durante la gravidanza, il parto o il puerpuerio).
L'articolo 5 della Ley de acceso de las mujeres auna vida libre de violencia para el Estado Guanajuato, riprendendo la stessa definizione vi comprende anche la negligenza nell'assistenza medica.
L'articolo 7 della Ley de acceso de las mujeres auna vida libre de violencia para el Estado de Veracruz de Ignazcio de La Llave, e l'articolo 6 della Ley de acceso de las mujeres a una vida libre de violencia para el Estado de Chiapas, così recitano "Apropiación del cuerpo y procesos reproductivos de las mujeres por personal de salud, que se expresa en un trato  deshumanizador, en un abuso de medicalización y patologización de los procesos naturales, trayendo consigo pérdida de autonomía y capacidad de decidir libremente sobre sus cuerpos y sexualidad; se consideran como tal, omitir la atención oportuna y eficaz de las emergencias obstétricas, obligar a la mujer a parir en posición supina y con las piernas levantadas, existiendo los medios necesarios para la realización del parto vertical, obstaculizar el apego precoz del niño o niña con su madre sin causa médica justificada, negándole la posibilidad de cargarlo y amamantarlo inmediatamente después de nacer, alterar el proceso natural del parto de bajo riesgo, mediante el uso de técnicas de aceleración, sin obtener el consentimiento voluntario, expreso e informado de la mujer y practicar el parto por vía de cesárea, existiendo condiciones para el parto natural, sin obtener el consentimiento voluntario, expreso e informado de la mujer (L'appropriazione del corpo e dei processi riproduttivi delle donne da parte del personale sanitario, che si traduce in un trattamento disumano, in un eccesso di medicalizzazione e patologizzazione dei processi naturali, causando la perdita di autonomia e di capacità di decidere liberamente del proprio corpo e della sessualità; si considerano come tale omettere la cura tempestiva ed efficace delle emergenze ostetriche, costringere le donne a partorire in posizione supina e con le gambe sollevate, avendo i mezzi necessari per partorire in verticale, ostacolare l'attaccamento precoce del bambino o bambina con sua madre senza una causa medica giustificata, negandole la possibilità di accudirlo e di allattarlo subito dopo la nascita, alterare il processo naturale del parto a basso rischio, mediante l'utilizzo di tecniche di induzione, senza ottenere il consenso volontario, espresso e informato della donna e praticare il taglio cesareo esistendo condizioni per il parto naturale, senza ottenere il consenso volontario, espresso e informato della donna).
Quelle appena sopra ricordate ci sembrano davvero normative centrate sul rispetto della donna, del suo corpo e della sua dignità, sulla promozione della fisiologia, sul riconoscimento del diritto di autodeterminazione sulla salute riproduttiva; normative che affermano il primato della donna e che recepiscono l'importanza di un sistema di salute che, da un lato, riconosca alla donna la sua individualità e la sua competenza decisionale e, dall'altro, le garantiscano sostegno, rispetto, trasmissione di informazioni corrette ed esaustive

Ci sembrano, quindi, leggi realmente basate su un autentico approccio di promozione della salute, secondo il quale la salute è non già l'assenza di malattia, ma il benessere della persona, per il cui raggiungimento è determinante la valorizzazione della capacità di prendere decisioni e di assumere il controllo delle circostanze della propria vita, così come ci insegna l'OMS nella Carta di Ottawa del 1986.
Leggi, quelle venezuelana, argentina e messicana, che, senza cadere nella trappola ideologizzante di una capziosa visione dicotomica che vede contrapposti modello biomedico/approccio naturalista, hanno correttamente e coraggiosamente saputo stigmatizzare l'eccesso di medicalizzazione, inteso quale applicazione di procedure mediche non necessarie e non acconsentite, correlandolo ad una arbitraria, ingiustificata e, quindi, abusiva alterazione dei processi fisiologici. Leggi che, inoltre, hanno saputo recepire appieno le Raccomandazioni dell’OMS del 1985, imponendo la tutela della relazione madre-neonato e indicando come illecita la separazione madre-figlio/a senza valide indicazioni mediche. Tutte le evidenze scientifiche infatti sottolineano l'importanza fondamentale del contatto subitaneo pelle-pelle tra madre e figlia/o e l’attaccamento al seno nelle prime due ore dalla nascita, per l’avvio dell’allattamento, l’instaurarsi della relazione affettiva di attaccamento e per il benessere psicologico e fisico di entrambi.
Non meno importante, poi, è che le stesse leggi prevedano specifici obblighi istituzionali, delineino meccanismi di denuncia delle violenze accessibili alle donne, istituiscano organismi di controllo e di monitoraggio sullo stato di attuazione e sul rispetto delle disposizioni normative stesse, nonché organismi di tutela con specifica formazione di genere, strumenti ed accorgimenti indispensabili per rendere effettivi i diritti formalmente riconosciuti.

E in Italia?

In Italia  - Paese che non ha ancora attuato la Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e si è limitato ad approvare una legge sul femminicidio dal carattere spiccatamente emergenziale e securitario -, manca del tutto il riconoscimento normativo della violenza ostetrica tra le forme di violenza contro le donne.
Solo in alcune Regioni troviamo normative sul percorso nascita e sulla tutela della dimensione psico-affettiva del parto (si veda, ad esempio, la Legge Regione Lazio n. 84/1985), le quali, tuttavia, restano del tutto inattuate e vengono quotidianamente frustrate da prassi ospedaliere che si sostanziano in profondi, sottaciuti, subdoli maltrattamenti verso le donne e abusi sui loro corpi.
In Italia, i protocolli ospedalieri sono molto spesso lontani dalla messa in pratica di trattamenti umani e rispettosi del corpo della donna, alla quale sono frequentemente disconosciute le più basilari, comprensibili esigenze, come quella di avere accanto a sé una persona di fiducia o quella di bere, mangiare o muoversi durante il travaglio oppure quella di ricercare la miglior posizione per il proprio partorire.
In Italia, gli ospedali amici dei bambini secondo le direttive OMS - Unicef sono una assoluta rarità, mentre è consuetudine pressoché generalizzata quella della somministrazione di soluzioni glucosate, così come quasi del tutto assente il sostegno alle donne, soprattutto se cesarizzate, per l'inizio dell'allattamento. Davvero pochi gli ospedali in cui si riconosce fattivamente l'importanza dell'immediato contatto pelle a pelle tra mamma e neonata/o e si articolano procedure (ivi compresa la prima visita pediatrica al neonato/a) per garantire questo contatto. Persino negli ospedali che attuano il cosiddetto rooming-in, è abitudine "prelevare" tutti i neonati e le neonate del reparto per portarle/i a visita dal pediatra ospedaliero tutte/i insieme e  riportarle/i dalle loro mamme solo a chiusura del turno di visite (con ore e ore di stazionamento nei nidi e pianti inconsolati se non a suon di soluzioni glucosate).
In Italia, come ci raccontano le donne che incontriamo, molte strutture ospedaliere pubblicizzano la possibilità di scelta per la donna di un parto attivo (ma, poi, ci chiediamo: per quanto ancora si vuole alimentare l'idea "medicocentrica" di un parto "passivo", in cui è il sanitario che "fa partorire" e non la donna che partorisce?), salvo poi imporre seccamente la posizione supina alla donna, giustificata con un "su, signora, si metta sdraiata sul lettino, che altrimenti ci sporca ilpavimento". 
Da noi, gli abusi sul corpo delle donne in sala parto sono una routine: interventi medici non necessari e non acconsentiti, praticati persino in contrasto con le indicazioni dei protocolli medici internazionalmente riconosciuti (pensiamo agli alti tassi di episiotomia, che secondo una Indagine Conoscitiva sul Percorso Nascita del 2002, si stima essere eseguita nel 70% circa dei parti; pensiamo alla manovra di Kristeller, neppure indicata nelle Sdo e nei Cedap; al monitoraggio del battito cardiaco fetale continuo, che costringe la donna a restare legata ad un apparecchio, ecc.). Per non parlare dei tagli cesarei, per i quali l'Italia ha un tasso medio vicino al 40% tra i più alti al mondo (secondo solo alla Grecia in Europa) e che ci offre una evidenza palmare di come in Italia si sia ben lontani da una cultura della fisiologia e della scelta libera ed informata.
Siamo ben lontani, è evidente, da un sistema di promozione della salute della donna nell'accezione sopra ricordata, basato sul rispetto dei suoi diritti personali e inviolabili e l'Italia, con il suo modello di assistenza  paternalistico e irrispettoso, è certamente un destinatario elettivo della recente Dichiarazione dell'OMS sulla "La prevenzione e l'eliminazione della mancanza di rispetto e dei maltrattamenti durante il parto nelle strutture sanitarie" (di cui abbiamo parlato qui), documento in cui l’OMS denuncia la diffusione in tutto il mondo di pratiche assistenziali non rispettose, abusanti e violente, ne sottolinea i rischi e gli effetti negativi sulle donne e i loro figli e figlie e chiama all’azione diversi soggetti, tra cui Governi e Parlamenti, affinché il fenomeno della violenza ostetrica venga riconosciuto, studiato, contrastato ed eliminato.
E, tuttavia, a fronte di questo vuoto, normativo e socio-culturale, si rinsalda ancor di più la nostra richiesta di un riconoscimento, culturale oltre che giuridico, della violenza ostetrica, della quale proponiamo una definizione, mutuata dalla Legge del Venezuela ed elaborata alla luce della già ricordata Dichiarazione OMS del 2014, auspicando che le disposizioni di legge sulla violenza contro le donne, nazionale e regionali, vengano integrate, con essa e con la previsione di meccanismi di controllo, denuncia e risarcimento accessibili:
"violenza ostetrica: l'appropriazione dei processi riproduttivi del corpo delle donne da parte di personale sanitario, la trasformazione, nell’ambito del percorso nascita, dei processi fisiologici in processi patologici, la frustrazione dell’autonomia e dell’autodeterminazione della donna in ordine al proprio corpo ed alla propria sessualità. Costituiscono violenza ostetrica, a titolo esemplificativo: una situazione in cui la donna, durante la gravidanza, il travaglio ed il parto, non è assistita opportunamente edefficacemente o non riceve l’assistenza necessaria in ragione delle proprie scelte, della propria cultura e della propria dignità, ovvero non riceve i trattamenti di analgesia farmacologica o non farmacologica che eventualmente ella richieda; vengono praticati atti medici non necessari o vengono somministrati farmaci non necessari, in contrasto con le linee guida internazionali e con le evidenze scientifiche o, comunque, non consapevolmente acconsentiti dalla donna; è obbligata a partorire in posizione supina o comunque in posizione imposta dal personale sanitario; le viene negata la possibilità di vedere il suo bambino appena nato e, se lo desidera, di tenerlo con sé continuativamente durante la degenza; le viene impedito di bere e mangiare durante il travaglio e il parto; viene alterato il procedimento fisiologico del parto e viene praticato un cesareo inutile o privo di indicazioni cliniche. Costituisce altresì violenza ostetrica negare, rendere gravoso od ostacolare, con condotte attive od omissive, il diritto della donna di scegliere sulla propria salute riproduttiva, di interrompere la gravidanza o di ricorrere alla contraccezione di emergenza e non".
N.B.: Le traduzioni dei testi normativi sopra richiamati sono state realizzate dalle attiviste volontarie di FFB RAG a  titolo gratuito e non costituiscono traduzioni ufficiali.


mercoledì 26 novembre 2014

#IODECIDO INIZIATIVA PER LA RIAPERTURA DEL "REPARTINO" DEL POLICLINICO UMBERTO I

Il 25 novembre, giornata internazionale contro la violenza sulle donne, la rete Io Decido, di cui  Freedom For Birth Rome Action Group fa parte, con un'azione all'Umberto I, ha denunciato la chiusura del reparto del Policlinico di Roma dedicato alle interruzioni volontarie di gravidanza per via del pensionamento dell'unico medico non obiettore. La rete ha ottenuto un incontro con il Direttore Generale che ha preso degli impegni precisi sulla riapertura del reparto.


Troviamo particolarmente grave che Il Policlinico Umberto I di Roma sia stato premiato lo scorso anno con 3 Bollini Rosa, il massimo riconoscimento assegnato dall'Osservatorio Nazionale sulla salute della Donna (O.N.Da), perchè considerato una "struttura a misura di donna"! Un ranking davvero invidiabile! Eppure proprio al Policlinico in questo momento è presente una percentuale del 100% di medici obiettori di coscienza, senza contare lo smantellamento e i tagli subiti negli ultimi anni e i continui disservizi subiti da tutt*...

Per noi un ospedale che non tutela e garantisce la libertà di scelta merita un bollino nero!

Ecco il comunicato della rete #IoDecido in merito all'azione ed agli impegni presi da Domenico Alessio per la riapertura immediata del repartino:

Riapertura del Repartino del Policlinico Umberto I:
incontro con il direttore generale Domenico Alessio

Ieri, 25 novembre 2014, in occasione della Giornata Mondiale contro la Violenza sulle Donne, siamo scese in corteo, per le vie del Policlinico Umberto I, per manifestare la nostra indignazione. Abbiamo denunciato che, a partire dal 17 novembre, è stato chiuso il Repartino per l’interruzione volontaria di gravidanza, in seguito al pensionamento dell’unico medico non obiettore.
Riteniamo inaccettabile che, disattendendo così alla legge 194, venga chiuso nel silenzio e nell’indifferenza uno dei pochi spazi conquistato con le lotte, che ha assicurato fino ad ora l’I.V.G
Durante il corteo che si è svolto questa mattina abbiamo ottenuto un incontro con il direttore generale, Domenico Alessio, che afferma sorprendentemente di aver saputo solo oggi della chiusura di questo reparto!
Ne abbiamo richiesto l’immediata riapertura e l’assunzione di almeno due medici NON OBIETTORI che possano garantire il servizio in modo continuativo, e non soltanto come risposta emergenziale.
Il direttore ha riconosciuto di essere obbligato a far rispettare la legge 194 ma di avere difficoltà a far gravare sui fondi regionali la spesa di nuovo personale...noi gli abbiamo chiarito che la salute ed i diritti delle donne non possono e non devono essere ignorati!

 
La riunione ha così concretizzato tali impegni: entro massimo tre giorni, il Repartino sarà riattivato e entro le ore 12 di domani ci comunicherà il nome del primo medico universitario che verrà strutturato per l’assistenza. A breve ci verrà comunicato anche il nome del secondo medico non obiettore per assicurare la stabilità del servizio.
Si è inoltre impegnato a revocare la strutturazione dei 2 medici qualora questi non garantiscano più il servizio di interruzione volontaria di gravidanza.
Monitoreremo l’iter della riapertura di questo reparto e che la scelta dei medici non sia condizionata da relazioni baronali e parentali.

Contro la violenza che quotidianamente investe le vite delle donne:

#IoDecido sul mio corpo.

Ecco la rassegna stampa sull'azione di ieri dele rete #IoDecido al Policlinico Umberto I di Roma:

http://www.quotidianosanita.it/regioni-e-asl/articolo.php?articolo_id=24559

http://m.repubblica.it/mobile/r/locali/roma/cronaca/2014/11/25/foto/policlinico-101376632#1

http://popoffquotidiano.it/2014/11/25/policlinico-umbero-i-medico-in-pensione-e-il-repartino-ivg-chiude/








domenica 23 novembre 2014

23 novembre 2014: FREEDOM FOR BIRTH RAG PARLA DI VIOLENZA OSTETRICA IN DIRETTA SU RADIO11. ASCOLTACI E DICCI COSA NE PENSI

Come vi abbiamo segnalato qui, questa settimana è densa di eventi che abbiamo organizzato o a cui siamo state invitate.

Oggi, 23 novembre 2014, , presso la Casa dei Saperi di Roma in viale Giustiniano Imperatore 75, partecipiamo all'iniziativa:  "Dedicato alle Donne" organizzata da UndiciRadio Roma.




E' possibile seguire l'intero evento in diretta accedendo al sito di UndiciRadio Roma e cliccando al centro in alto su "accendi 11 radio".


alle 12 Carmen Rizzelli, psicologa e psicoterapeuta di FFB RAG presenta il nostro corto "La Prestazione" e alle 16 Gabriella Pacini, ostetrica e presidente di FFB RAG e Mirta  Mattina, psicologa e psicoterapeuta di FFB RAG, partecipano alla tavola rotonda.


Non appena disponibili pubblicheremo sul blog i podcast della trasmissione.

sabato 22 novembre 2014

CONSULTIAMOCI, UNO SPAZIO PER LA LIBERTA' DI SCELTA DELLE DONNE

Cos'è lo spazio CONSULTIAMOCI?

Hai bisogno di informazioni sull’interruzione di gravidanza?


Non riesci a trovare la pillola del giorno dopo?


Vuoi saperne di piu’ su mestruazioni, gravidanza, menopausa, malattie sessualmente trasmissibili?



Hai avuto un parto diverso da quello che volevi oppure hai dubbi su quello che ti hanno fatto?



Vuoi sapere quali sono i tuoi diritti e come farli valere?


Se vuoi parlare di tutto questo o di altro che riguardi il tuo corpo e la tua salute sessuale, se sei stata vittima di violenza ostetrica

Vieni e CONSULTIAMOCI! 

venerdì 21 novembre 2014

Perchè non vogliamo campioncini gratuiti di latte artificiale?

Qualcuno, commentando il nostro video sugli 80 euro di Renzi per le neomamme, si chiedeva come mai una delle donne dicesse: "non vogliamo campioncini di latte artificiale dal pediatra". Ecco la cronaca ci oggi spiega bene il perchè...

http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/11/21/livorno-spingevano-mamme-usare-latte-in-polvere-arrestati-12-pediatri/1225453/


Le donne hanno il diritto di ricevere tutte le informazioni corrette sull'allattamento e di fare delle scelte libere e consapevoli. Allattare al seno o no è una decisione personale che non deve essere influenzata da nessun interesse commerciale.
Le scelte delle donne vanno rispettate e non manipolate con subdole e criminali strategie di marketing.

Non vogliamo business sui nostri corpi e sulla nostra salute!

 


giovedì 20 novembre 2014

Tanti eventi per la libertà di scelta e contro la violenza nel parto

Dopo il successo del video che abbiamo realizzato per rispondere alla proposta di Renzi sugli 80 euro alle neomamme, vi invitiamo ad una serie di eventi e iniziative che abbiamo organizzato o a cui parteciperemo nei prossimi giorni.

Vogliamo continuare a dire in tutti i contesti possibili e con tutte le modalità possibili che le donne hanno il diritto di ricevere informazioni corrette e fare scelte libere. Che dietro i processi di ipermedicalizzazione di gravidanza e parto e dietro gli attacchi al diritto di autodeterminazione sul proprio corpo operano modelli patriarcali antichi ma ancora attivissimi che hanno l'obiettivo di disciplinare il corpo delle donne.


Iniziamo sabato 22 novembre:  saremo con Lucha y Siesta dalle 16:30 per presentare: CONSULTIAMOCI, uno spazio di incontro e sportello psicologico, ostetrico e legale Uno spazio per favorire la libertà di scelta, l'autoconsapevolezza e l'autodeterminazione delle donne in merito al proprio corpo e alla propria salute in particolare alla salute riproduttiva: IVG, Contraccezione, Gravidanza, Parto, Menopausa.
Uno spazio in cui avere informazioni sui propri diritti.
Un luogo di incontro e di riflessione oltre che di inziative a tema. "Consultiamoci" è uno Sportello di informazione, di orientamento e di accoglienza/consulenza psicologica, legale e ostetrica.

La prima consulenza è gratuita.
 

Sempre sabato 22 parteciperemo a Napoli all'evento di Terra Prena per MaterNa Fest, il primo festival dedicato alla libertà di scelta delle donne napoletane! A partire dalle 17:30 al Giardino Liberato di Materdei, incontro pubblico, laboratori per bambini, cena e concerto!

Domenica 23 Novembre, a Roma presso la Casa dei Saperi in viale Giustiniano Imperatore 75, nel corso dell'iniziativa "Dedicato alle Donne" organizzata da UndiciRadio Roma, verrà proiettato il corto: "La Prestazione - Sex like Birth" di Gabriella Pacini realizzato da Freedom For Birth - Rome Action Group. Parleremo inoltre di competenze e risorse delle donne, di differenze e di discriminazioni, diremo no alla violenza contro le donne. Verrà presentato il nuovo romanzo "Lucia non cade" di Chiara Borghi,si terrà la performance teatrale di Martina Marone e Dal mattino con il seminario teatrale dedicato ai bambini a cura di Teatro Pantegano, fino all'ora di cena. L'evento può essere seguito in diretta su www.undiciradio.it

Il 25 novembre ribadiremo ancora un volta che la giornata mondiale contro la violenza sulle donne non deve essere una vuota passerella di rappresentanti istituzionali o peggio ancora un'occasione di marketing, lo faremo partecipando alla Passeggiata collettiva che partirà alle 18:30 da Via dell'Acqua Bullicante 30, davanti alla scuola Pisacane verso il Pigneto. Perchè le strade libere le fanno le donne che le attraversano!  
Come si legge dal comunicato delle organizzatrici: "La violenza maschile è la prima causa di morte delle donne in Italia come nel resto del mondo, non ha classe né passaporto e nella maggior parte dei casi nasce tra le mura domestiche.
Non intendiamo solo ricordare e celebrare una data, scendiamo in strada per ribadire che la nostra libertà di vivere la città non è data dalle misure di controllo, dalle telecamere, dalla militarizzazione, dalla detenzione né dall’emarginazione, ma dalla nostra autodeterminazione dentro e fuori casa e dalla solidarietà e sorellanza tra donne, dalla potenza delle nostre rivendicazioni e dalla complicità e unione delle nostre lotte.

Una passeggiata di rivendicazioni collettive, rumorosa, sonora. Illuminiamo le strade, facciamole risuonare di musica, risate, colori, desideri."
 

A conclusione della passeggiata il 25 e anche la sera successiva, il 26 al Kino, mitica realtà del Pigneto, il nostro corto "La Prestazione - Sex Like Birth" sarà proiettato in abbinamento con il film "la moglie del poliziotto", bellissimo film che parla di violenza sulle donne, presentato in concorso al Festival del Cinema di Venezia nel 2013. Siamo onorate! Queste proiezioni sono l'anteprima di qualcosa che avverrà la sera del 29, continuate a leggere e scoprirete di cosa si tratta!

Sempre il 25 novembre saremo a Fonte Nuova in Piazza delle Rose a Santa Lucia, dalle ore 16.30, per partecipare ad un incontro-dibattito sul tema della violenza sulle donne, organizzato dal Comune di Fonte Nuova in collaborazione con l'associazione culturale Libera_mente.

Ed infine sabato 29 novembre sarà un'intera giornata di iniziative Freedom, iniziamo la mattina con un evento che sta già ricevendo molte adesioni e suscitando interesse e dibattito. Sì perchè abbiamo il coraggio di chiamare le cose con il loro nome ed il titolo del nostro evento è: "La violenza nel parto, antichi e nuovi rituali per il controllo ed il disciplinamento del corpo della donna"

Ci vedremo dalle 9:30 alle 13:30 presso la Casa Internazionale delle Donne di Roma in via dela Lungara 19. Obiettivo dell'incontro è quello di andare a riflettere sulle origini e sulla funzione di tutte quelle pratiche violente che vengono agite sul corpo della donna nel travaglio e durante il parto e lo faremo con il contributo di storiche della medicina, filosofi, antropologhe, psicologhe, ostetriche e ginecologhe. Probabilmente l'evento potrà essere seguito in streaming, nei prossimi giorni vi daremo indicazioni in merito. 

ed ecco la sorpresa di cui parlavamo più in alto: la sera del 29 a partire dalle 20:30 saremo con Female Cut al Rialto Sant'Ambrogio per l'evento Play the Difference 
"E' la nuova sfida per la promozione del talento al femminile: trasformare la differenza in un
  nuovo strumento per affrontare il futuro, imparando a valorizzare giocando attraverso l’arte con le tante sfumature del proprio essere << ALTRO >>.
Female Cut invade le aule dello storico spazio autogestito del ghetto in un percorso sperimentale tra video, arte, performance e dj set che, dal tramonto all’alba, vedono coinvolte esclusivamente artiste donne e importanti realtà che lavorano sul territorio a favore delle donne in ambito sociale… TUTTI PRONTI PER GIOCARE !"

Anche in questa occasione sarà proiettato il nostro corto "La Prestazione - Sex Like Birth"in abbinamento con il film "la moglie del poliziotto", sarà una serata assolutamente da non perdere!

Vi aspettiamo!

mercoledì 19 novembre 2014

"La violenza nel parto" 29 Novembre 2014 Casa Internazionale delle Donne

In un'intervista su NoiDonne, Gabriella Pacini, ostetrica e presidente di Freedom For Birth Rome Action Group spiega perchè il nostro evento di sabato 29 si chiama "La violenza nel Parto" :

"Il titolo "La violenza nel parto" apparentemente ha un sapore un pò "sensazionalistico" ma in realtà è quello che io ho vissuto e fatto, personalmente, per 10 anni in ospedale: violenza alle donne.   


Sono ostetrica dal 1997 e quando ho iniziato ad assistere i parti, nel grande policlinico romano dove studiavo, appena una donna arrivava in travaglio le facevamo subito la depilazione e il clistere, non le permettevamo di avere nessuno accanto durante il travaglio e il parto, non le permettevamo di alzarsi e muoversi liberamente o scegliere una posizione per il parto - magari accovacciata, per aiutarsi con la forza di gravità -  ma la costringevamo a stare sdraiata sulla schiena in una posizione senz'altro più faticosa e dolorosa per lei. 

Non le lasciavamo neanche bere un pò d'acqua, ma le mettevamo una flebo per idratarla. Non poteva andare al bagno ma portavamo noi una padella. Il più delle volte dilatavamo il collo dell'utero con le dita, una pratica molto dolorosa e anche dannosa.  
Al parto poi le gambe venivano legate al lettino, all'altezza delle cosce, con delle cinte di cuoio e, con una potente spinta sulla pancia e un ampio taglio alla vagina, tra le urla della madre, la creatura finalmente nasceva. 

Se invece queste pratiche non funzionavano - e capitava spesso che una donna sottoposta a quel supplizio non riuscisse a partorire -  allora si andava di là in sala operatoria e le veniva praticato un taglio cesareo

A prescindere dal tipo di parto comunque madre e bambina/o venivano immediatamente separati e per i genitori non era possibile vedere il bambino se non ad orari decisi dall'ospedale. Le donne che facevano il taglio cesareo in particolare soffrivano molto di questo, perché nessuno portava loro la creatura e, quasi sempre finiva che vedevano il bambino per la prima volta dopo 3 lunghissimi giorni, semplicemente perché il nido era "al piano di sotto" e da sole non riuscivano a scendere dopo l'operazione.
Tutte queste pratiche che ho descritto sono molto dolorose e, se praticate di routine senza una precisa indicazione,  sono anche dannose per la salute di madre e persona che nasce

Alcune, come legare le gambe, sono diventate molto rare anche se non sono completamente scomparse e oggi le donne possono, in moltissimi ospedali, avere una persona con se durante il travaglio e il parto. Ma tante altre pratiche, come ad esempio la posizione del parto, rottura del sacco amniotico, la separazione dal bambino/a che viene portato al nido immediatamente dopo la nascita, e il taglio alla vagina (episiotomia), sono ancora molto comuni nella maggior parte degli ospedali.  

Siamo riuscite a vedere riconosciuti molti nostri diritti e la condizione delle donne è molto cambiata negli ultimi 40 anni.  Ad esempio il nostro diritto alla contraccezione, - con la riforma del diritto di famiglia, dopo i referendum su divorzio e aborto e l'abrogazione degli articoli che prevedevano attenuanti per il "delitto d'onore" - rappresenta una conquista indiscussa. Un altra data importante è 1978, l'anno in cui le donne hanno affermato anche sul piano legislativo il diritto ad interrompere la gravidanza: un fondamentale riconoscimento del diritto alla libertà di scelta e autodeterminazione, di poter scegliere e decidere sul proprio corpo e affrancarsi finalmente dal destino biologico di una maternità non desiderata che ha oppresso generazioni di donne. 
Centinaia di migliaia di  donne sono morte per aborti clandestini prima di veder riconosciuto questo diritto.

Ma ancora oggi la stessa libertà non è riconosciuta nel parto

Faccio parte dell'associazione Vitadidonna da 12 anni e se una donna vuole abortire posso indicarle un ospedale dove può farlo secondo il suo sentire: se con il metodo chirurgico o farmacologico, se con anestesia locale o generale. Ci sono ancora grandi difficoltà ma posso aiutarla a scegliere. 

Ma se una donna mi chiede in quale ospedale può partorire scegliendo la posizione del parto e avendo la persona che nasce con se - due semplici , elementari richieste, che non richiedono nessuna particolare attrezzatura da parte dell'ospedale - purtroppo devo ammettere che non esiste ancora a Roma un solo ospedale in cui possa vedere riconosciuti questi suoi diritti contemporanemente. 

Le spiegherò che gli ospedali non seguono le raccomandazioni dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, che raccomandano l'appropriatezza della medicalizzazione e non l'abuso, ma degli obsoleti protocolli interni che non hanno nessuna motivazione medica, e originano da arcaiche pratiche di controllo e disciplinamento del corpo

Le dirò che potrà scegliere la posizione del parto solo se l'ostetrica e in particolare il medico ritengano legittimo questo suo diritto e se, al contrario, pensano che lei debba sottostare a delle prassi e consuetudini (rituali appunto) che non hanno nessuna motivazione medica ma rappresentano un puro esercizio di potere, allora sarà obbligata a salire sul lettino. E che potrà avere il bambino con se solo se la policy dell'ospedale lo considera opportuno, a prescindere dai suoi desideri o condizioni di salute.

In 17 anni che assisto le donne al parto ho imparato alcune cose: ho imparato che sono le donne che partoriscono e non noi che "le facciamo partorire". Ho imparato che se cerco di capire quali sono i bisogni della donna durante il travaglio e il parto e cerco, quando posso, di assecondarli, il parto è più facile, meno doloroso, e più sicuro per la salute della madre e persona che nasce. 

Ma ho anche imparato che malgrado nella nostra Costituzione l'art. 32 riconosca alle persone il diritto di scegliere  e ribadisca come non si possa obbligare nessuno a un trattamento sanitario questo diritto, di fatto, non è riconosciuto alle donne durante il travaglio e il parto. E che, di fatto, le donne vengono oppresse e intimorite con l'artificioso espediente che vuole il parto sempre potenzialmente pericoloso e che tutto questo viene fatto per il bene del bambino.

E ho imparato che le donne ricevono trattamenti sanitari senza che loro possano dare o rifiutare il consenso (vedi episiotomia) e che, di fatto, passano necessariamente attraverso un percorso obbligato. Infatti durante il travaglio e il parto può diventare molto difficile per una donna far valere il proprio diritto alla scelta e autodeterminazione.

Servirebbe un Basaglia anche per le donne nel parto: abbiamo riconosciuto alle persone con problemi mentali il diritto di parlare e decidere della loro salute e ancora non è possibile quando si parla di donne a termine di gravidanza.

Con questo evento, che coinvolge solo alcuni operatori sanitari, ma sopratutto altre figure, vogliamo cercare di fare un pò di luce sul perché di questi "rituali", perché non avendo nessun significato razionale, appunto di rituali si tratta.

Non credo nel bisogno dell'operatore sanitario, medico o ostetrica, di affermare un suo potere possa rappresentare la reale motivazione o possa, da sola, giustificare quanto accade.

Proprio per indagare le motivazioni all'origine di questa condizione, all'evento della Casa Internazionale delle Donne, è stato fondamentale coinvolgere bioeticisti, storiche, antropologhe, psicologhe e femministe che possano aiutarci a far luce  su quelle che sono le ragioni di questo controllo e abuso, che probabilmente ha radici profonde e  riguarda in prima istanza il modello patriarcale da cui proveniamo. Dobbiamo chiederci come viene percepito e normato nella nostra cultura e società il corpo  della donna per poter comprendere la posizione della donna nel parto. Le donne stanno in sala parto così come vengono considerate nella società.  

Ci sarà tra gli altri, relatori anche un antropologa che ci racconterà come in modo molto simile accade la stessa cosa nei parti a casa Bali, da dove è appena tornata. La cosa non mi sorprende affatto: la mistica del "parto naturale" che permetterebbe una maggior espressione della soggettività della donna nelle società a bassa tecnologia non è confermata dagli studi ma al contrario sappiamo che praticamente in tutte le società il parto viene normato e controllato attraverso differenti rituali. 

Nella nostra società, in questo momento storico, questo ruolo di disciplinamento e controllo è assunto dalla tecnologia e  medicalizzazione, che però non rappresenta la causa ma solo lo strumento attraverso il quale noi priviamo le donne del loro potere generativo perché appartiene solo alle donne lo straordinario potere di trasformare un semplice materiale genetico in nuove persone.

Dunque non è tornando alla natura che cambierà qualcosa, ma perderemmo solo i vantaggi che il progresso scientifico ci ha dato.

La strada è un altra e per fare chiarezza ci vuole l'aiuto e il contributo di tutte e tutti."