mercoledì 20 gennaio 2016

Ripartiamo tutte da qui: salute e diritti delle donne!



Alcuni commenti al nostro comunicato di ieri, circa il nostro ritiro dal convegno sulle case maternità, ci spingono a tornare sull’argomento, pur credendo che di case maternità e della questione Acqualuce si debba parlare in ben altre sedi, per ben altri motivi.
Riteniamo, infatti, che fare delle strumentalizzazioni sui temi sottesi al convegno e sulla nostra posizione non sia davvero utile a nessuna.
FFBRAG non è contro le case maternità private. Chi vuole porre la questione in questi termini fuorvianti, evidentemente non coglie appieno le nostre motivazioni, o piuttosto non vuole coglierle, oppure non ci conosce.
Noi sosteniamo la libertà delle donne di scegliere come e dove partorire e ci battiamo, tra l’altro, anche per l’apertura di case maternità extraospedaliere. Auspichiamo che ve ne siano sempre di maggior numero e che siano davvero accessibili, anche economicamente,  a tutte le donne che vogliano partorire in una di esse.
Il nocciolo della questione, rispetto al convegno, è però un altro.

Il nocciolo della questione è che nel Lazio, la Regione con il più spaventoso deficit della spesa sanitaria tra tutte le Regioni italiane, la priorità nella gestione del denaro pubblico non può essere data al finanziamento di case maternità private. Non può, quando esiste una splendida Casa del Parto che ha funzionato soltanto grazie al sacrificio personale delle ostetriche che ci hanno creduto, che ha patito ad ogni scadenza semestrale l’incertezza delle sue sorti, che ha dovuto sperare nel rinnovo dei finanziamenti, sempre limitati, sempre a termine, come dire, una struttura “precaria”, in linea con i nostri tempi…
Il nocciolo della questione è che un convegno intitolato “Le case maternità nel Lazio” non può pretendere di bypassare la questione Acqualuce, che è una risorsa per le donne laziali che deve riprendere e continuare a funzionare. Perché chiedere alle relatrici di tacere sull’argomento? Il nocciolo della questione è che le reti tra donne e tra associazioni sono importanti, perché rafforzano gli strumenti a vantaggio degli obiettivi comuni e quindi delle donne. E la forza delle reti sta, nel contempo, nella comunanza degli obiettivi e nella diversità delle soggettività coinvolte, ognuna delle quali deve, però, essere libera di dare il proprio contributo nella comune lotta.
Un atteggiamento boicottante è, quindi, semmai quello di chi ha tentato di porre delle censure sui contenuti degli interventi. Il nostro è, semplicemente, un atteggiamento coerente, coerente con i nostri interessi, che sono quelli delle donne, con i nostri obiettivi e la nostra politica.

Sarebbe anche il caso di evitare le prevedibili accuse del “potevate dirlo prima”. No, non potevamo dirlo prima, perché davvero non era per noi immaginabile che si potesse tanto spudoratamente chiedere di tacere sulla questione Acqualuce. Non era immaginabile né sospettabile, visto che abbiamo ricevuto la “scaletta” definitiva del convegno soltanto venerdi 15 gennaio; dalla scaletta ma, prima ancora che da questa, dal  programma del convegno e finanche dallo stesso titolo, non si evinceva affatto che l’argomento “Acqualuce” e casa maternità intraospedaliera dovesse essere tabù.
Anzi, proprio l’intento dichiarato nel comunicato del convegno, di parlare della proposta di legge n. 152/2014, aveva creato la convinzione, in chi quel testo di legge lo conosce bene e sa che in esso il ruolo centrale, per la garanzia del diritto di scelta delle donne e l’apertura di case maternità, è attribuito proprio al servizio sanitario regionale, che si sarebbe potuto (e dovuto) discutere della casa del parto pubblica, l’unica esistente nel Lazio!
Tutto ciò non era immaginabile per chi, come noi, è abituata a dare per scontato che le priorità sono innegabili, evidenti, imprescindibili, irrinunciabili, qualunque ne sia il costo.

Ecco quindi perché il nostro ritiro è avvenuto solo ieri. Solo dopo aver parlato, non più tardi di qualche giorno fa, con l’organizzazione del convegno ed aver ricevuto le ormai note, chiare indicazioni contrarie alla nostra annunciata intenzione di focalizzare il nostro intervento sulla questione Acqualuce.
La stessa moderatrice del convegno, con cui abbiamo parlato ieri, poco prima di prendere la nostra decisione, si è fatta portavoce di questa inaccettabile “richiesta”. Varrà per lei la giustificazione di non essere laziale…
Naturalmente, la ferma convinzione che ha accompagnato la nostra “tardiva” decisione non ne ha sminuito il peso. E’ persino superfluo dire che ci è dispiaciuto causare disagi all’organizzazione del convegno. E’, per noi, davvero un’occasione mancata, a scapito delle donne.
Tuttavia, non potevamo far finta di nulla, né accettare compromessi o censure. Queste, sì, hanno avuto l’effetto di dividere, di fare “differenze”, volendo togliere cittadinanza alle istanze di tante donne laziali che rivogliono la Casa del Parto Acqualuce, perché c’è, esiste, è pubblica. Istanze che non devono essere lette come confliggenti con quelle di chi persegue l’obiettivo, altrettanto condivisibile, dell’apertura di case maternità gestite da ostetriche libere professioniste.
Per noi ciò che unisce è la priorità della salute delle donne e del loro diritto di autodeterminarsi e vale davvero la pena impegnarsi per portare, da un lato, il sistema sanitario pubblico ad offrire luoghi del parto e servizi alternativi all’ospedale e al modello di assistenza medicalizzata, e, dall’altro, per valorizzare le esperienze di case maternità extraospedaliere  già esistenti ed incoraggiarne di nuove. Perché quindi separare la comune lotta e creare due “fazioni”? Ripartiamo da qui, con atteggiamento costruttivo, trasparente, inclusivo.  

1 commento:

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